Vergine delle rocce


SCHEDA TECNICA

  • titolo dell'opera: Vergine delle Rocce
  • attribuzione: LDV
  • età di Leonardo: 33 anni
  • committente: sconosciuto
  • supporto utilizzato: trasportata su tela
  • dimensioni: cm 199 x 122
  • tecnica: olio su tavola 
  • datazione: 1483 - 1486
  • stato di conservazione: buono - ottimo
  • interventi di restauro: non pervenuto
  • opera portata a termine: si
  • attualmente si trova: Londra, National Gallery

DESCRIZIONE E ANALISI

La scena si svolge in un umido paesaggio roccioso, orchestrato architettonicamente, in cui dominano fiori e piante acquatiche, descritti con minuzia da botanico; da lontano si intravede un corso d'acqua. Al centro Maria allunga la mano destra a proteggere il piccolo san Giovanni in preghiera, inginocchiato e rivolto a Gesù Bambino, che si trova più in basso, a destra, in atto di benedirlo e con il corpo in torsione. Dietro di lui si trova un angelo, con un vaporoso mantello rosso, che guarda direttamente verso lo spettatore con un lieve sorriso, coinvolgendolo nella rappresentazione, e con la mano destra indica il Battista, rinviando lo sguardo verso il punto di partenza in una moltitudine di linee di forza. La mano sinistra di Maria si protende in avanti come a proteggere il figlio, con un forte scorcio.

Già Pedretti rilevava una serie di elementi inquietanti nella tavola, come la fisionomia ambigua dell'angelo (definito "un'arpia"), mentre Bramly riferendosi all'inconsueta posizione della mano sinistra di Maria la descrive come "l'artiglio di un'aquila".

Due cavità si aprono ad arte nello sfondo, rivelando interessanti vedute di speroni rocciosi e gruppi di rocce irte, che a sinistra sfumano in lontananza per effetto della foschia, secondo la tecnica della prospettiva aerea di cui Leonardo è considerato l'iniziatore. In alto invece il cielo si fa cupo, quasi notturno, con l'incombere minaccioso della grotta, punteggiata da innumerevoli pianticelle. 





LA STORIA

Il 25 aprile 1483 Bartolomeo Scorione, priore della Confraternita milanese dell'Immacolata Concezione (una confraternita laica maschile), stipulò un contratto per una pala da collocare sull'altare della cappella della Confraternita nella chiesa di San Francesco Grande (oggi distrutta) col giovane artista arrivato circa un anno prima da Firenze. 

Per Leonardo era la prima commissione che otteneva a Milano, dove era stato accolto tiepidamente. Al contratto presenziarono anche i più noti fratelli pittori Evangelista e Giovanni Ambrogio De Predis, che ospitavano Leonardo nella loro abitazione vicino a Porta Ticinese.

Il dettagliatissimo contratto prevedeva un trittico. Nella pala centrale la Madonna con un ricco abito di "broccato doro azurlo tramarino" e "con lo suo fiollo", Dio Padre in alto, anche lui con la "vesta de sopra brocato doro", un gruppo di angeli alla "fogia grecha" e due profeti. Nelle due parti laterali i confratelli chiedevano quattro angeli, "uno quadro che canteno et l'altro che soneno". Le tavole laterali, affidate ai De Predis, dovevano mostrare angeli in gloria, il tutto per un compenso di ottocento lire imperiali da pagarsi a rate fino al febbraio 1485. L'intelaiatura lignea venne invece affidata a Giacomo del Maino.

Non è chiaro perché Leonardo cambiò il soggetto della tavola, optando piuttosto per il leggendario incontro tra i piccoli Gesù e Giovanni narrato nella Vita di Giovanni secondo Serapione e in altri testi sull'infanzia di Cristo. Potrebbe essere stato Leonardo a decidere arbitrariamente le modifiche, ma è possibile che, viste le consuetudini dell'epoca, siano state le richieste dei committenti a cambiare anche in considerazione dello stile un po' "arcaico" della prima richiesta. Giovanni Battista infatti era il protettore, assieme a san Francesco, della Confraternita dell'Immacolata, che quindi si riconosceva nella figura del Battista inginocchiata davanti a Gesù e da lui benedetta, nonché, allo stesso tempo, protetta dalla Vergine Maria.

Non vennero dipinti né Dio padre, né i profeti e gli angeli "alla foggia greca". Due soli angeli musicanti vennero dipinti da Ambrogio de Predis nelle ali laterali (oggi conservate alla National Gallery di Londra.


La controversia e la nuova versione

Spesso si è letto che, a causa dell'inadempienza contrattuale legata al soggetto, la Confraternita contestò il dipinto considerandolo incompiuto, o addirittura inadatto poiché eretico. Studi più precisi, basati sui documenti d'archivio relativi alla controversia legale che oppose gli artisti ai committenti, hanno permesso di delineare una vicenda diversa.

In una supplica al Duca di Milano, databile tra il 1493 e il 1494, Leonardo da Vinci e Ambrogio de Predis (Evangelista era nel frattempo morto alla fine del 1490 o all'inizio del 1491) richiedevano che l'opera dovesse essere pagata più della cifra pattuita inizialmente (200 ducati) in quanto la realizzazione, soprattutto a causa della complessa ancona dorata e intagliata, sarebbe stata molto più laboriosa e dispendiosa. Gli artisti dunque chiedevano un conguaglio di 100 ducati per il dipinto centrale, ma se ne videro offrire solo 25. Proposero allora che venissero nominati degli "esperti dell'Arte" che giudicassero il lavoro oppure che i committenti «lasano ali dicti exponenti dicta nostra dona fata a olio» per la quale hanno già ricevuto diverse offerte di cento ducati «da persone quale hanno voluto comprare dicta Nostra Dona».

Questo ha fatto supporre ad alcuni che la prima versione della Vergine delle Rocce fosse già stata posta in opera ma che gli autori ne stessero chiedendo la restituzione, mentre altri hanno sostenuto che l'opera non sia mai arrivata alla cappella dell'Immacolata, ma si trovasse ancora nello studio degli artisti. In particolare Marani sostiene senza mezzi termini che «i pittori stanno tentando di ricattare i confratelli, chiedendo una maggiorazione del compenso, salvo appunto trattenere presso lo studio il dipinto». La diatriba tra Leonardo e la Confraternita si trascinò così per molti anni e fu chiusa nel 1506 da una sentenza con cui l'opera venne dichiarata ufficialmente "incompiuta". Leonardo era tenuto a portarla a termine entro due anni, ma gli venne riconosciuto un conguaglio di 200 lire (corrispondenti a 50 ducati, la metà di quanto aveva inizialmente richiesto).

Nel frattempo Leonardo aveva abbandonato Milano, era tornato a Firenze ed aveva visitato numerose città. La seconda versione della pala, che mitiga alcuni aspetti più rivoluzionari dell'opera, doveva essere già avviata prima della partenza di Leonardo (1499), venendo poi completata in occasione del suo secondo soggiorno milanese, nel 1506. Nella seconda versione la Madonna appare più grande e maestosa, i due bambini sono più riconoscibili e soprattutto è sparito l'inconsueto gesto della mano dell'angelo, che nella prima versione indicava Giovanni, e il suo sguardo diretto allo spettatore. I classici attributi della iconografia tradizionale, come le aureole e il bastone con la croce del Battista, sarebbero stati aggiunti molti anni più tardi, probabilmente nei primi decenni del XVII secolo.

Secondo un'ipotesi recente le due versioni della Vergine delle Rocce sarebbero state realizzate per due diversi luoghi e committenti nella stessa città di Milano: la prima per la cappella palatina della chiesa di San Gottardo in Corte, e la seconda per la cappella dell'Immacolata nella chiesa di San Francesco Grande.


Vicende successive

Dettaglio botanico

La versione londinese si trovava sicuramente a San Francesco poco prima che la chiesa venisse demolita nel 1576; trasportata nella sede della confraternita, vi rimase fino alla soppressione del 1785, quando venne venduta al pittore inglese Gavin Hamilton che la portò in Inghilterra.

Il destino della prima versione, quella parigina, è più incerto e nessuna delle diverse ipotesi sull'arrivo dell'opera in Francia ha ancora trovato una conferma documentale. Nell'ipotesi più accreditata, durante la lunga disputa legale che vide contrapposti Leonardo e Ambrogio de Predis alla Confraternita dell'Immacolata, la prima versione sarebbe stata venduta a qualcuno che aveva fatto generose offerte d'acquisto, forse lo stesso duca Ludovico il Moro che l'avrebbe esposta nella cappella del palazzo ducale, e sarebbe poi caduta nelle mani dei francesi assieme a tutte le sue proprietà. 

Altri studiosi sostengono che la pala oggi al Louvre sarebbe identificabile con la Maestà inviata in dono da Ludovico il Moro a Massimiliano d'Asburgo in occasione delle nozze dell'imperatore con Bianca Maria Sforza (1493), e il passaggio in Francia sarebbe avvenuto molti anni più tardi, in occasione di altre nozze, quelle di Eleonora, nipote di Massimiliano, con Francesco I di Francia.

In ogni caso la prima documentata presenza del dipinto nelle collezioni francesi risale al 1625, quando Cassiano dal Pozzo, che aveva accompagnato il cardinal Barberini nella sua legazione in Francia, la vide a Fontainebleau nella galleria delle pitture. Il dipinto si trovava poi nel catalogo del Musée Royal nel 1830 e ai primi del XIX secolo venne effettuato il trasporto su tela dal restauratore François Toussaint Hacquin, secondo pratica allora molto frequente.

Dal punto di vista dell'influenza su altri lavori, la fortuna di questa composizione fu enorme: si conoscono infatti innumerevoli copie create da artisti italiani e stranieri. In particolare, un dipinto ospitato nella chiesa di Santa Giustina ad Affori (Milano) è stato probabilmente eseguito da Ambrogio de Predis negli stessi anni in cui i due collaboravano per la realizzazione del celebre dipinto. Una altra copia, attribuita al Melzi, si trova attualmente presso il convento delle suore Orsoline di via Lanzone a Milano.

Tra le tante derivazioni del tema va segnalata anche la cosiddetta "terza versione" del quadro (versione Cheramy), custodita in una collezione privata in Svizzera e da alcuni (tra cui Carlo Pedretti) attribuita alla mano dello stesso Leonardo. 

CONTRATTO ORIGINALE  PER LA VERGINE DELLE ROCCE

2015 Archivio di Stato - Milano


1483 aprile 25, Milano

Viene commissionata a Leonardo da Vinci e ai fratelli Evangelista e Gian Ambrogio de' Predis la Vergine delle Rocce. Atto rogato dal notaio Antonio de Capitani.

Allegato all'atto notarile:
"Lista deli hornamenti se ano a fare al'ancona dela Conceptione dela gloriossa Vergene Maria posta nela chessa de Sancto Francesco in Milano". Insieme a quelle dei fratelli de' Predis, compare la firma autografa di Leonardo: Io Lionardo da Vinci...
Cimeli

"Ego Bartolomeus Scalionus prior...
Iohannes Antonius de Sancto Angello...
Io Lionardo da Vinci in testimonio ut supra subscripsi
Io Evangelista Predi subscripsi
Iohannes Ambrosius de Predis subscripsi"

Il contratto per il dipinto è stipulato tra la Scuola della Concezione fondata nel 1478, posta nella chiesa di San Francesco Grande a Milano, in porta Vercellina, dell'Ordine dei frati Minori, e gli 'artisti', Leonardo da Vinci e i fratelli de Predis. Nel contratto si stabilisce che l'opera debba essere ultimata l'8 dicembre dell'anno successivo (1484) per festa della Immacolata, per un compenso complesssivo di 800 lire da pagarsi secondo modalità concordate; i fratelli de Predis e Leonardo, 'magister Leonardus de Vintiis Florentinus', devono provvedere alle materie prime e all'oro a proprie spese.