Molti pittori e scultori vissuti nei
secoli XIV-XVI erano soliti integrare i loro studi artistici con
esercitazioni anatomiche su cadaveri, al fine di familiarizzare
maggiormente con le forme e le proporzioni del Corpo Umano.
L’autopsia su cadavere, bandita nei secoli bui in quanto ritenuta
sacrilega dalla Chiesa nei confronti del Corpo Umano, che andava
preservato nelle migliori condizioni per la “vita eterna”, era
stata infatti da poco reintrodotta negli studi medici; anzi, la
Chiesa stessa aveva riabilitato questa pratica in quanto lo studio
del Corpo Umano, “macchina meravigliosa e altamente sofisticata”,
poteva avvicinare maggiormente il fedele al suo Creatore.
Anche Leonardo da Vinci (1452-1519)
compì dissezioni e studiò l’Anatomia Umana, verso cui, come
riportano le cronache dell’epoca, egli nutrì fin da giovanissimo
curiosità e interesse. Uno dei primi ad accorgersi delle sue abilità
nelle raffigurazioni anatomiche fu il suo Maestro di bottega, Andrea
del Verrocchio (1434?-1488), ma un impulso fondamentale lo diede
soprattutto la sua amicizia con Marcantonio della Torre (1481-1511),
anatomista e professore alle Università di Padova e Pavia, che ambì
ad avere Leonardo come disegnatore di un trattato di Anatomia che lo
stesso aveva in preparazione, ma che non riuscì a realizzare in
quanto venne raggiunto e ucciso dalla peste. Leonardo e Della Torre
condividevano lo spirito critico verso i classici scritti anatomici
in voga all’epoca, di impronta ippocratica e galenica;
caratteristica dei due era di porre in dubbio quanto riportato in
quei testi e adoperare piuttosto il cadavere per acquisire
informazioni, trarne deduzioni, fondare conoscenze.
A parte che per il detto approccio
mentale, per il quale precedette di oltre 50 anni il “picconatore”
Vesalio, gli studi anatomici di Leonardo si differenziarono da quelli
degli altri artisti coevi per alcune fondamentali peculiarità.
Leonardo innanzi tutto studiò
l’Anatomia per circa 30 anni (1485-1515), un periodo di per se
ragguardevole se consideriamo la durata media della vita accademica
in quell’epoca. Un periodo, inoltre, troppo lungo se lo si vuole
giustificare soltanto come risultato di un superficiale interesse di
Leonardo per questo campo della scienza, sebbene spinto dalla sua ben
nota curiosità.
Molti furono infatti i campi di attività del Genio
da Vinci, ma questi si esaurivano in genere in minor tempo. Leonardo
li abbandonava per dedicarsi al altro. Lo stesso non avvenne per gli
studi anatomici. Già questo potrebbe bastare per definirlo un
anatomista.
Inoltre, dal suo studio risultarono
circa 200 tavole contenenti circa 600 disegni (o quanto meno questo è
quanto giunto fino a noi).
Queste tavole, nel suo progetto
originario, dovevano essere parte di un “Trattato sulla Pittura”,
concepito in due parti, una teorica e una pratica, quest’ultima
incentrata sullo studio della figura umana. In un secondo momento
però egli concepì addirittura il progetto di realizzare un trattato
di Anatomia (o forse un atlante illustrato, idea innovativa per
l’epoca), da intitolarsi “De Figura Humana”.
Interessante è notare che Leonardo,
nelle sue descrizioni, non si ferma allo studio della superficie e
dei muscoli del Corpo Umano, come altri suoi illustri colleghi
d’arte, ma si addentra nelle cavità corporee, esplorandole
dapprima con l’occhio e con le mani, quindi con la sua matita.
Altro elemento di innovatività nei
suoi disegni era il mostrare la stessa parte del corpo da punti di
osservazione differenti, dando virtualmente all’osservatore la
possibilità di ruotare attorno alla parte anatomica descritta
(elemento in parte ripreso da altri artisti, tra cui il Raffaello),
precedendo pertanto di 500 anni i moderni software di ricostruzione e
rotazione tridimensionale delle immagini anatomiche. Ma in Leonardo
non si trattava soltanto della rappresentazione di un particolare
anatomico da più prospettive, quanto spesso il mostrare visioni
multiple e interconnesse tra loro in un percorso logico di
continuità.
Ancora, Leonardo è stato il primo a
realizzare disegni che riproducessero dissezioni topografiche fatte
sul cadavere, mostrandone quindi i dettagli dei diversi piani, dai
più superficiali ai più profondi. E, citando il Lambertini, :
<<
Quale anatomico non si commuove osservando il muscolo cucullare come
egli lo ha disegnato, o il deltoide, o il grande pettorale scomposto
nei suoi fasci secondari? >>.
Infine, Leonardo, secondo il quale
la Scienza si basava su due fondamenti, l’esperienza e la ragione,
non si limitava ad uno studio dell’Anatomia solo volto ad aumentare
le sue conoscenze su quei dettagli del Corpo Umano che poi avrebbe
riprodotto nelle sue opere; lo studio dell’Anatomia non era
finalizzato all’elaborazione artistica, semmai ne era
complementare.
Egli, come si evince dalle ricche note presenti a
margine dei suoi disegni, traeva spunto dalle osservazioni anatomiche
per compiere riflessioni e sintesi teoriche, spesso sulle
correlazioni tra forma e funzione delle varie parti del corpo umano,
precedendo in questo di oltre 100 anni gli iatromeccanici Harvey e
Malpighi.
Purtroppo alla fine il suo interesse
scientifico deviò verso la strada dell’astrazione filosofica e
pertanto anche l’idea dell’atlante anatomico sfumò.
Rimangono a noi bellissimi disegni,
dove l’uomo (o la donna) viene rappresentato nella sua interezza o
nelle sue parti costituenti, in posizione statica o più spesso in
pose dinamiche. Ed è proprio il dinamismo degli arti o della testa e
del collo, rispetto al tronco uno dei tratti più salienti del
disegno anatomico leonardiano.
Tra i disegni anatomici più famosi
e più studiati vi è il cosiddetto “Canone delle proporzioni”
(fig. 1), datato quasi concordemente dai critici verso il 1499,
custodito a Venezia presso le Gallerie dell’Accademia e più noto
col termine di “Uomo Vitruviano”, dal nome dell’architetto,
ingegnere e scrittore latino vissuto nel I secolo A.C., autore di un
famoso trattato “De Architectura”.
In tale trattato, riscoperto e
tradotto in epoca rinascimentale da Poggio Bracciolini, Vitruvio dà
all'Architettura il titolo di scienza, elevandola addirittura a
scienza umanistica, in quanto contiene praticamente tutte le altre.
Nella fattispecie, egli sostiene che l’architetto debba avere non
solo nozioni di geometria, matematica, meteorologia e giurisprudenza,
ma anche di teologia, astronomia, medicina e anatomia. Infatti,
poiché l’architetto costruisce luoghi per la vita dell'uomo, deve
conoscere le proporzioni umane, oltre a fare attenzione a
illuminazione, arieggiamento e salubrità degli edifici.
Lo studio delle proporzioni del
corpo fu molto in auge nel XVI secolo, annoverando tra gli studiosi
più illustri dell’epoca artisti del calibro di Bartolomeo
Passerotti, Carlo Urbino e Gaspare dall’Olio.
Leonardo, precursore anche in
questo, adopera quanto da Vitruvio riportato nel libro terzo,
paragrafi 1.1 – 1.9, per costruire il suo schema sulle proporzioni
umane.
Ma finita la sua realizzazione, Leonardo non si trattiene
dall’apporre alcune note nel foglio del disegno, nel quale
trasmette ai posteri il suo criticismo nei confronti del pensiero di
Vitruvio. Infatti, secondo l’architetto romano l’ombelico è il
centro del corpo ed un uomo che debba considerarsi un “tipo medio”
è quello che può essere iscritto, quando le sue braccia sono
abdotte a formare un angolo di 90° col tronco, in un quadrato,
risultandone pertanto che la misura dell’apertura delle braccia sia
uguale alla sua statura.
Per Leonardo invece il centro della figura
umana è la sinfisi pubica (“il
membro virile nasscie nel mezzo dell’omo”).
Solo descrivendo l’uomo dentro un cerchio (“Homo
ad circulum”), ossia
“se ttu apri tanto le
gambe che ttu cali da capo un quattordicesimo di tua alteza e apri e
alza le bracia che colle lunghe dita tu tochi la linia della sommità
del capo”, il centro
può essere rappresentato dall’ombellico (“sappi
che’l cientro delle stremità delle aperte membra fia il bellico”).
Con Leonardo quindi abbiamo anche le prime nozioni di biotipologia
umana e di costituzionalità: se è vero che negli individui normali
l’altezza della testa costituisce l’ottava parte della lunghezza
totale mentre la lunghezza piede la sesta, egli precisa che negli
individui altissimi la testa è la nona e il piede la settima. Ossia
Leonardo ci racconta, per primo, che l’uomo può essere normotipo,
brachitipo o longitipo.
Ma l’Uomo Vitruviano, come diverse
Opere di Leonardo, ha probabilmente altro ancora da raccontare
all’attento osservatore. A noi ha colpito un particolare, per
spiegare il quale è necessario fare prima una premessa.
Il rifiorire degli studi anatomici
tra il ‘400 e il ‘600 determinò anche un esponenziale aumento
del numero di Trattati che vennero prodotti, dati alle stampe e
diffusi. Questi volumi avevano un (più o meno) ricco corredo
iconografico, ossia al testo seguiva spesso una immagine o a volte il
testo serviva da descrizione all’immagine che lo precedeva.
Le immagini si riferivano per lo più
a parti del corpo (testa, arti, ossa, gruppi muscolari, visceri
chiusi o aperti, etc.), altre volte il corpo veniva ritratto nella
sua interezza. In quest’ultimo caso, il Corpo Umano veniva
riprodotto contestualizzandolo in un paesaggio in genere bucolico,
con pose statuarie di ispirazione classica. Da parte di alcuni, però,
c’era il tentativo di individuare una posizione statica che
servisse da punto di partenza per le descrizioni anatomiche. Diremmo
quasi, c’era il tentativo di descrivere l’Uomo in una “Posizione
Anatomica”, qualcosa che oggi troviamo nelle prime pagine di
(quasi) tutti i trattati di Anatomia Umana, ma la cui definizione non
trova una datazione precisa. Per Posizione Anatomica si intende
quella in cui la figura umana è eretta, gli arti superiori sono
paralleli al tronco, le palme delle mani sono rivolte in avanti, gli
arti inferiori sono uniti, i piedi sono lievemente divaricati, lo
sguardo punta verso l’infinito. Questa figura, iscritta poi in un
parallelepipedo rettangolo, consente all’anatomista di ricavarsi i
tre piani dello spazio (trasversale, frontale e sagittale) entro cui
il Corpo Umano insiste (terminologia di posizione) e si muove
(terminologia di movimento).
La raffigurazione più simile alla
posizione anatomica appena descritta, per quella che è la nostra
conoscenza, la ritroviamo per la prima volta in Vesalio (fig.
2a), nel suo celebre “De
Humani Corporis Fabbrica – Libri Septem” (1543). Ma altri
tentativi erano stati compiuti da vari autori a lui contemporanei,
fra cui Iacopo Berengario da Carpi (fig.
2b), Charles Estienne
(fig. 2c)
e Bartolomeo Eustachio (fig.
2d). In quest’ultimo
troviamo la descrizione di un albero vascolare in una immagine che
ritrae un uomo con braccia e gambe divaricate, iscritto dentro un
rettangolo, che ricorda la rappresentazione antropometrica dell’Uomo
vitruviano.
Tutto ciò ci ha portato a non
escludere che nel suo disegno il Leonardo stesse ricercando la
Posizione Anatomica dell’individuo umano che avrebbe poi descritto
tridimensionalmente nelle sue tavole successive. Purtroppo Leonardo
non ha lasciato traccia di quanto da noi immaginato, e pertanto la
nostra rimarrà soltanto una delle tante congetture interpretative
dell’Opera del Genio vinciano.
In conclusione, ci sentiamo di
affermare che Leonardo, stimolato dal fermento culturale intorno allo
studio dell’Anatomia Umana, ha contribuito, con i suoi studi e i
suoi disegni, alla spinta culturale che ha determinato, nel periodo
immediatamente successivo alla sua scomparsa, il Rinascimento di
questa disciplina, che rapidamente ha ottenuto una posizione centrale
nei curricula medici e biologici in Italia e in Europa. L’interesse
di Leonardo verso l’Anatomia Umana, infine, accresce l’eredità e
la responsabilità che gli anatomisti hanno nel perpetuarne
l’insegnamento, modernizzandolo e adattandolo ai progressi delle
conoscenze e delle tecniche in ambito morfologico.