Il progetto originario
Nel 1482 Ludovico il Moro Duca di Milano, propose a Leonardo di costruire la più grande statua equestre del mondo: un monumento a suo padre Francesco, duca dal 1452 al 1466 (anno della sua morte), che era anche il fondatore della casata Sforza.
La commissione è testimoniata da un pagamento a titolo di anticipo per le spese per un modello, pagate per conto del Duca dal sovrintendente all’erario di corte, Marchesino Stanga.
Si sa inoltre che la bottega di Leonardo, in Corte Vecchia (sul sito dell’attuale Palazzo Reale), era stata rifornita degli strumenti e dei materiali necessari per la fusione di bozzetti.
L’impresa era colossale, non solo per le dimensioni previste della statua, ma anche per l’intento di scolpire un cavallo nell’atto di impennarsi ed abbattersi sul nemico.
Leonardo sapeva perfettamente che la qualità del cavallo era molto importante per sottolineare l’importanza del personaggio e quindi studiò a fondo, nelle scuderie ducali, tutti i dettagli anatomici dell’animale, realizzando disegni preparatori usando come modelli alcuni cavalli già famosi per la loro bellezza. I disegni ritraevano proprio le parti anatomiche più belle di ciascun cavallo, con l’intenzione di farne una specie di “montaggio” per ottenere il cavallo ideale e attribuire quindi il meglio ai personaggi che, in vario modo, voleva onorare.
Tra le sue note si trovano appunti del tipo:
«Morel Fiorentino è grosso e ha un bel collo e assai bella testa», oppure «Ronzone, bianco, ha belle cosce, e si trova a Porta Comasina».
S’interessò molto anche riguardo al rilassamento ed alla tensione dei muscoli durante l’azione, per dare espressività alla statua.
La lentezza dei lavori, interrotti anche per la preparazione delle nozze di Anna Maria Sforza e Alfonso I d’Este (programmate nel 1490 e rimandate al 1491) e per quelle di Ludovico il Moro e Beatrice d’Este (1494), dovettero preoccupare il Moro, il quale già nel 1489 fece pervenire, tramite Pietro Alamanni, una lettera a Lorenzo il Magnifico datata 22 luglio per chiedere la collaborazione di fonditori in bronzo fiorentini: «un maestro o due apti a tale opera et benché gli abbi commesso questa cosa in Leonardo da Vinci, non mi pare molto la sappia condurre». Nessuno si presentò: erano infatti gli anni in cui il Magnifico lamentava la mancanza di validi scultori sulla scena, decidendo così di aprire la famosa scuola del giardino di San Marco.