Cenni storici
Poco prima di abbandonare Milano per la caduta degli Sforza, Leonardo avrebbe dipinto una tavola del Salvator Mundi destinata a un committente privato.
Dell'opera restano alcuni studi, soprattutto al castello di Windsor. La memoria dell'opera, sconosciuta fino a questa recente scoperta, era affidata all'incisione che nel 1650 circa ne aveva tratto Wenceslaus Hollar ma del dipinto si erano perse le tracce.
Il successo dell'opera era stato infatti all'origine di numerose copie, le cui tracce si confondono con quella dell'opera principale.
Alcune fonti riportano come l'opera, dopo l'occupazione francese di Milano, era finita in un convento di Nantes. Quando la copiò Hollar invece si trovava nelle collezioni di Carlo I d'Inghilterra, che molto aveva acquistato in Italia. Con la decapitazione del re le sue collezioni vennero in larga parte disperse all'asta.
Un Salvator Mundi di scuola leonardesca riapparve nel XIX secolo nelle raccolte di sir Francis Cook, che lo vendette poi al barone di Lairenty e successivamente al marchese de Ganay, a Parigi, che ancora lo possiede: si tratta forse di un lavoro di Francesco Melzi (attribuito anche a Boltraffio o Marco d'Oggiono), derivato dall'originale di Leonardo.
L'opera venne portata ai curatori del Metropolitan Museum per una valutazione e poi a quelli del Museum of Fine Arts di Boston, i quali però non si pronunciarono.
Nel 2010 è stato infine portato alla National Gallery dove il direttore, Nicholas Penny, ha invitato quattro studiosi per valutarlo: Carmen C. Bambach, curatrice del dipartimento di grafica del Metropolitan Museum, Pietro Marani e Maria Teresa Fiorio, studiosi milanesi autori di diversi saggi su Leonardo e sul Rinascimento, e Martin Kemp, professore emerito di storia dell'arte all'Università di Oxforde noto studioso di Leonardo. I pareri sono stati tutti positivi, così si è deciso di procedere al restauro e di esporre l'opera alla grande mostra monografica su Leonardo che si è tenuta nel museo londinese dal 9 novembre 2011.
La notizia del ritrovamento è stata pubblicata dalla rivista Artnews, seguita dal Wall Street Journal, che aveva anche azzardato una valutazione sui 200 milioni di dollari. L'opera è stata poi venduta privatamente nell'estate del 2013 per 75 milioni di dollari. Nel novembre 2017 l'opera è stata venduta all'asta da Christie's per 410 milioni di dollari (450 milioni con i diritti d'asta) dal presidente della squadra di calcio AC Monaco Dmitri Ryobovlev che l'aveva acquistata per 108 milioni di euro.
Particolare e descrizione
Gesù Cristo è raffigurato frontalmente e a mezza figura, come tipico dell'iconografia (si veda ad esempio il Salvator Mundi di Antonello da Messina), mentre leva la mano destra per benedire e nella sinistra tiene il globo, simbolo del suo potere universale.
E’ un Cristo sindonico, che appare come traccia straordinaria nel dipinto. Un Cristo che somiglia molto a quello della Sindone; un Cristo che emerge dall’oscurità, come durante la Cena in Emmaus. Che si rivela, senza voler essere protagonista; che non chiede di essere osservato o adorato, ma che dona esclusivamente Bene al mondo, senza chiedere nulla, in cambio. Tutto si concentra sull’ossimoro di un’azione immota: donare con amore, per l’eternità, estinguendosi dietro l’amore stesso. La filosofia sottesa al dipinto è tutta leonardesca. Il segno appare duplice. Boltraffio e Leonardo.
Gesù non chiedeva preghiere; non chiedeva genuflessioni. Forse non chiedeva nemmeno buone azioni o fioretti. Gesù non era un mercante che dava per ricevere o che ricompensava soltanto coloro i quali gli consegnavano un’offerta, pur essa altamente spirituale. Faceva discendere la Grazia. Donava il cielo. L’azione del quadro è quella.
- La sua mano destra dice: io ti benedico.
- Quella sinistra: e ti dono il Cielo, la vita eterna, rappresentata dalla sfera cristallina che è simbolo della divinità.
Cristo concede l’immortalità. E concede all’uomo la condivisione dello stato divino, dopo la morte. Così, osservando quest’opera, pareva che la Salvezza fosse destinata a tutta l’umanità, senza sacrifici. Per questo il Salvator Mundi di Boltraffio-Leonardo fu considerato contrario al primo pensiero tridentino e venne modificato. L’azione registica del maestro permea l’opera. Lo sfumato è moltiplicato. La sfocatura del volto è al di là del limite della perfetta leggibilità del soma; per un’azione pittorica che portava a due esiti: mettere Cristo in secondo piano e rappresentarlo con una dolcezza altrimenti inesprimibile.