Tecnica del fondo oro



Sin dall'antichità l'oro veniva utilizzato per dare alle immagini maggior risalto ed effetti cromatici brillanti dovuti proprio alla sua consistenza. Si trovano citazioni nei testi egizi della dinastia del faraone Den, intorno al 3000 a.C. 

Viene anche citato nell'Antico Testamento e nella Bibbia, l'Eden viene descritto come un giardino bagnato da un fiume che si divide in quattro rami: «Il primo… bagna il paese di Avila, dove c'è l'oro; l'oro di questo paese è puro». 

In Egitto Abramo è ricco d'oro: il suo servitore, incontrando Rebecca, le mette alle narici un anello d'oro, ai polsi dei braccialetti. A Mosè, che guida gli Ebrei fuori dall'Egitto, Yahwè dona un consiglio prezioso:

«Voi non andrete via a mani vuote. Ogni donna chiederà alla sua vicina…degli oggetti d'oro e delle vesti. Voi ne ricoprirete le vostre figlie e i vostri figli.»

Infatti questo tipo di metallo racchiude in se una serie di minerali cosiddetti "brillanti" che gli conferiscono una serie di qualità come la duttilità, la malleabilità, la durezza, dovute essenzialmente all'assorbimento delle lunghezze d'onda del blu dalla luce. Inoltre l'oro non viene intaccato né dall'aria né dalla maggior parte dei reagenti chimici. 


Utilizzo in pittura

Il fondo oro è una tecnica che prevede la stesura di foglia d'oro sullo sfondo dei dipinti. Oggi per estensione si indica con "fondo oro" un dipinto qualsiasi che usa tale tecnica, nonché uno dei settori più ambiti del collezionismo artistico.

Viene utilizzato normalmente per la decorazione di una parte pittorica e, spesso nel tardo '400, avveniva per opere che avevano come soggetto la spiritualità e il divino. Infatti la sua lucentezza sottolineava le figure religiose (come i santi, le madonne, i putti angelici) conferendo loro quell'effetto di lucentezza e misticità, a differenza del fondo argento, che si ossidava molto facilmente rendendo le opere meno durevoli nel tempo.

Nella cultura umana, l'oro rappresenta certamente un simbolo di potere e prestigio e questo è dovuto anche alla sua difficoltà di reperimento. Per la credenza popolare possedere l'oro significa anche "dominare la materia", essere custodi del suo segreto divino e depositari della sua sapienza a tal punto che si usava come "mezzo di scambio" tra le proprie malfatte commesse verso Dio e verso gli uomini ripagare per alcuni peccati commessi.  


1350

Dopo Giotto di Bondone, architetto e pittore più conosciuto con il nome di Giotto, che utilizzava stucchi lucidi e stucchi romani per creare i finti marmi delle sue opere, aggiungendo metalli come nell'aureola del Cristo Giudice nel Giudizio, lo stile dell'epoca inizia un nuovo cammino verso fondali più costruiti e particolareggiati, spesso paesaggistici, riducendo fortemente la presenza di oro, come testimonia la scuola senese del periodo.


1398

Il pittore fiorentino Cennino Cennini scrive Il Libro dell'Arte, il primo in lingua volgare, considerato il più completo trattato sulla pittura nell'arte italiana. Il suo testo spiega nel dettaglio le tecniche del disegno preparatorio, quello che lo stesso Cennino e più avanti stesso Leonardo da Vinci, considerano il vero “fondamento dell’arte”. 

Il "preparatorio" o "preparativo" è un cartone dalle dimensioni della superficie dell'opera che si intende dipingere, normalmente è di proporzioni pari a 1:1 ma vi sono esempi di cartoni più piccoli, dove il pittore crea il suo progetto "distante" dalla superficie dove poi verrà trasferito,  completo di ogni dettaglio e curato nelle forme e nelle profondità, per poi successivamente trasferirla sull'area destinata ad accoglierla (muro per l'affresco piuttosto che tavola). 


La composizione del preparativo è spesso delineata con carboncino di salice adombrando pieghe e visi, quindi la tavola veniva spolverata e il disegno perfezionato ripassandolo con “acqua chiara e alcune gocciole d’inchiostro” e spesso, nel nostro secolo, con la tecnica dei raggi X, possiamo notare quella che in questo periodo storico è conosciuta anche come la "tecnica del pentimento dell'artista, cioè quei cambiamenti intercorsi durante la creazione dell'opera tra il preparativo e l'opera finale. 


1420

Con l'avvento del Rinascimento e la necessità di rendere reale l'immagine e il suo contesto attraverso l'uso descrittivo e preciso della pittura, la decorazione rientra in secondo piano, se non addirittura subire una forte decadenza.

A favore di una più ampia riscoperta del valore degli sfondi realistici, ma anche perchè le opere che in questo momento gli artisti riproducono cominciano ad essere su tavola e sempre meno su affresco, quindi l'utilizzo della stesura della foglia d'oro su tavola con colori ad olio, diventa assai complicata.  

La tecnica del fondo oro cominciò a cadere in disuso per le opere su tavola, ispirandosi anche agli affreschi, dove per ragioni tecniche non era possibile o comunque era poco indicato stendere l'oro. 

Questa tecnica del fondo, malgrado le nuove prospettive del cambiamento, rimane ancora utilizzata nel mondo arcaico e nelle aree considerate più periferiche delle grandi città feudali e ducali, per quel gusto di preziosità e alone di spiritualità che l'effetto riproduce sulle immagini.


1438

In questo periodo storico del Rinascimento, vi sono alcuni artisti che dismettono questa tecnica, in particolare utilizzata per creare la pala d'altare e per la prima volta si ha traccia che vi siano lavori considerati "liberi dall'oro". Tra gli artisti che per primi abbandonano questa tecnica vi sono Beato Angelico, Filippo Lippi e Domenico Veneziano, con opere databili agli anni trenta-quaranta del Quattrocento.


Lavorazione su tavola

Si interviene prima con la levigatura, poi l'impregnatura che prevede la stesa di "colla di spicchi" ottenuta facendo bollire e restringere ritagli di pelle animale. La tavola veniva avvolta da una "fasciatura di tela", spesso fatte di canapa e juta che avvolgevano per poi essere ricoperta, solo da una parte o da entrambe le parti e seconda dell'artista, da almeno due strati di gesso: 

  • il primo strato: fondo ruvido e consistente poi livellato per fortificare la tela; 
  • il secondo strato: finemente lavorato per accogliere la base pittorica.

Una volta dipinta la tavola, si procedeva sulla parte da dorare, con la "stesa di bolo armeno", che consisteva in uno strato fine argilla rossastra proveniente dai territori dell'Armenia centrale che veniva miscelata e resa quasi liquida con l'aggiunta d'acqua e chiara d'uovo al fine di creare quella che veniva chiamata "la preparazione rossa" (al nostro secolo si usa polverizzata, lavata e poi impastata nuovamente e pigmentata nei colori rosso, giallo e nero).


Applicazione della foglia d'oro

La foglia d'oro veniva delicatamente applicata in piccoli rettangoli che poggiati sulla superficie della pittura, venivano "soffiati", cioè fatti aderire con delicatezza alla superficie in quanto erano composte da materiale finissimo e leggero, facilmente disgregabile con l'aiuto di un piccolo pennello con il quale si esercitava una piccola pressione. In questo modo, la foglia d'oro veniva "impressa" sulla tavola e si procedeva con la levigatura. 

La foglia veniva poi schiacciata e levigata con il brunitore, una sorta di pennello con una pietra d'agata appiattita all'estremità con ghiera in ottone e manico in legno verniciato. Per il suo elevato costo e difficoltà di reperimento, si stendeva la sottile foglia d'oro solo sulle parti necessarie del dipinto, facendo molta attenzione nel ritagliare le parti in eccesso e riutilizzarle per lavorazioni e stesure successive. 


Leonardo da Vinci e questa tecnica

Leonardo da Vinci sembra che non abbia mai utilizzato questo tipo di tecnica in quanto molto probabilmente la riteneva superata e inutile. 

Il suo concetto di "luminosità" doveva venire dalla tecnica e non dal materiale utilizzato. Il suo modo di rendere lucente l'immagine infatti era legato esclusivamente all'utilizzo delle tonalità dei colori e delle polveri utilizzate, nonchè un saggio e articolato lavoro del chiaroscuro che diventava elemento essenziale per lo sviluppo della lucentezza.

Qui sotto un video di Vin che mostra la tecnica attuale della foglia d'oro su supporto in legno.

Bibliografia


  • M. Grazia Trenti Antonelli, La pittura su tavola, Sillabe, 2003. 
  • tratto da: Artis (Art and Restoration Techniques Interactive Studio), Direzione scientifica: Manfredi Faldi, Claudio Paolini. Cd Rom realizzato da un gruppo di istituti di restauro europei, coordinati dall’Istituto per l’Arte e il Restauro Palazzo Spinelli, con il determinante contributo della Commissione Europea nell’ambito del programma d’azione INFO2000.