- Codice Atlantico
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Si tratta di un ampio volume rilegato comprendente disegni di Leonardo da Vinci, inseriti senza seguire un ordine di catalogazione per argomento, e riportano tutti gli studi Leonardeschi dall'età di 26 anni sino alla sua morte. Oltre 45 anni di appunti, disegni e progetti databili dal 1478 al 1519.
Argomenti trattati nel Codice:
- meccanica;
- anatomia;
- matematica;
- progetti di architettura;
- disegni di macchine;
- chimica;
- astronomia;
- geografia;
- studi e disegni sul volo degli uccelli;
- botanica.
Una delle definizioni oramai note riguarda la riflessione su se stesso. All'interno del Codice infatti, Leonardo scrive la frase che descrive in poche parole, quanto lui riconosca le differenze con i letterati dell'epoca e la sua lucida ragione nel ricordare a se stesso di non essere uno studioso e letterato in quanto non aveva mai frequentato gli studi canonici e non conosceva i latino, lingua fondata sullo status elettivo.
«So bene che, per non essere io letterato, che alcuno presuntuoso gli parrà ragionevolmente potermi biasimare coll’allegare io essere omo sanza lettere»
citazione presente nel folio 119, verso A
Il mistero del foglio mancante
Dopo il restauro del Codice Atlantico, si scopre che vi sono 1750 disegni, tutti eseguiti personalmente da Leonardo da Vinci. Anche se in realtà, i disegni erano 1751.
Durante l'opera di restauro del Codice, tutti i disegni eseguiti personalmente da Leonardo, vennero staccati dai fogli per procedere alla pulitura e ci si accorge che al foglio (pagina) 1033 già indicata col numero 370 (nell'antica numerazione identificata col numero 51) venne sicuramente rimosso un disegno del formato di 21 x 16 cm, attualmente inserito sul foglio 1035 recto.
Osservando con attenzione e attraverso le tecniche spettroscopiche emerge che sotto la superficie del foglio rimosso, vi sono micro-tracce di un collante di origine vegetale, utilizzato per incollare il disegno stesso.
La superficie della colla e la sua distribuzione sul foglio, fa pensare che in quel posto preciso vi fosse un altro disegno di Leonardo, leggermente più piccolo rispetto a quello che vi era incollato precedentemente.
Le indagini di restauro fanno emergere che due parti di due fogli diversi risultano mancanti:
Nel 2011 il foglio originale sarebbe stato ritrovato. Da questo episodio probabilmente nasce "il mistero 13-51-71".
1519, 2 maggio
Muore Leonardo da Vinci presso il maniero di cloux - lucè nel paese di Amboise, presso la corte del re. Da questo preciso momento tutti i suoi scritti vengono affidati al suo allievo prediletto, Francesco Melzi.
Questo lo sappiamo grazie alla documentazione dell'epoca che riporta:
«Fu creato de Leonardo da Vinci et herede, et ha molti de suoi secreti, et tutte le sue opinioni, et dipinge molto ben per quanto intendo, et nel suo ragionare mostra d’haver iuditio et è gentilissimo giovane. [...] Credo ch'egli habbia quelli libricini de Leonardo de la Notomia, et de molte altre belle cose.»
da una lettera da Milano ad Alfonso I d'Este, duca di Ferrara, 6 marzo 1523.
1530
Francesco Melzi in questo periodo è in possesso certamente del libro di Pittura e 18 manoscritti di Leonardo e più precisamente identificati come:
- Manoscritto A;
- Manoscritto E;
- Manoscritto F;
- Manoscritto G;
- Manoscritto L;
- Il Codice Trivulziano;
- Un solo un foglio del codice Windsor.
1570
Muore Francesco Melzi, e con lui forse scompare anche uno degli ultimi grandi amici e allievi di Leonardo da Vinci e con la sua morte, sparisce per sempre uno dei testimoni di quel periodo Leonardesco.
Al figlio primogenito di Francesco Melzi, Orazio, viene affidata proprio dal padre nel suo testamento, tutta l'eredità scientifica del grande Leonardo: i suoi disegni, i manoscritti, le invenzioni e le intuizioni, tutto scritto e raccolto in oltre 60 anni di esistenza. Fu proprio lo stesso Leonardo in punto di morte, ad indicare il suo allievo Francesco Melzi, padre di Orazio, suo erede testamentario (in particolare proprio per le opere e per gli scritti), lo volle come legittimo custode del suo sapere a beneficio dell'umanità intera.
Ma tutto fù il figlio Orazio, tranne che un buon custode e un fine dotto, cosi come la storia ci riporta da questo momento in avanti.
1587, aprile - giugno
Lelio Gavardi d'Asola preposto di San Zeno a Pavia e parente di Aldo Manuzio, è noto stampatore dell'epoca, nonchè un abile letterato che prestava il suo servizio e la sua dottrina presso la casa dei Melzi di Milano. E' proprio in questo periodo che per le sue frequentazioni in casa Melzi, viene a conoscenza di un numero considerevole di lavori di Leonardo, che lui ben conosce la sua fama di artista eclettico, e "misteriosamente" nel giro di pochi giorni, spariscono da casa Melzi 13 libri di appunti di Leonardo.
1587, luglio-settembre
Lelio Gavardi si reca a Firenze dove purtroppo lo coglie la notizia della malattia e dell’improvvisa morte del Granduca Francesco. L’affare sembra sfumato. Si fa avanti il Mazenta, amico di Aldo Manuzio, che decide di rilevare gli scritti di Leonardo con la promessa di restituirli a Francesco Melzi.
1589
Pompeo Leoni si trova in Spagna per svolgere una importante commessa relativa ai lavori presso il monastero dell'Escorial, costruito a partire da Filippo II come residenza dei re Francese. Gli storici indicano questo come periodo del "rimaneggio del Codice", cioè quando Leoni decide di "strappare" le pagine, molte già rilegate nel libro, e creare dei piccoli raggruppamenti di fogli, molto simile a piccoli fascicoli, composti da immagini e disegni ritagliati e ricollocati "a piacimento". Si ipotizza che in questa nuova composizione, il Pompeo Leoni, almeno in questo periodo, abbia utilizzato disegni descritti non attribuibili direttamente a Leonardo, ma quasi certamente "rifatti da copiatura".
1590, luglio - settembre
Il Mazenta tornato a Milano consegna i manoscritti a Orazio Melzi, figlio di Francesco Melzi, che cosi afferma in uno scritto:
«si maravigliò ch’io avessi preso questo fastidio e mi fece dono de’ libri dicendomi d’haver molt’altri disegni del medesimo Auttore, già molt’anni nelle case di Villa sotto de tetti negletti».
Orazio Melzi, considerato dallo stesso padre piuttosto attaccato al denaro e forse non rendendosi bene conto dell'importanza di tutto quel materiale di studi raccolti negli anni dal maestro Leonardo, decide in poco tempo di liberarsi di quel fardello di carte, poste in soffitta nella casa di Vaprio d'Adda, iniziando cosi a strappare le pagine e regalarle ad alcuni parenti stretti mentre ai più appassionati propose loro l'acquisto a fronte di elevati pagamenti.
Il figlio primogenito Orazio, dottore giureconsulto, viene convinto da Pompeo Leoni, scultore ufficiale del Re di Spagna Filippo II, a cedergli tutte le opere di Leonardo in cambio della promessa di una prestigiosa carica presso il Senato di Milano, carica che gli avrebbe permesso di elevare il suo potere in città, nonchè tessere relazioni importanti al fine di poterne trarre interessanti vantaggi economici. Ma il Pompeo Leoni fa di più: lo convince che i testi di Leonardo sono di interesse per il re di Spagna e che, a suo dire, pagherebbe immediatamente una consistente cifra in cambio di quei documenti e che lui, il Pompeo Leoni, sarebbe stato in grado di concludere personalmente la trattativa e di suddividere con Orazio Melzi, il risultato della compravendita, arricchendo entrambi in modo rapido e sicuro.
Orazio Melzi dunque, riesce ad impossessarsi di 7 volumi in mano ancora al Giovanni Ambrogio Mazenta, volumi che vennero consegnati subito a Pompeo Leoni per dimostrare al re di Spagna che erano realmente in loro possesso.
In realtà 3 volumi vennero ceduti ad Ambrogio Figino, Federico Borromeo e Carlo Emanuele di Savoia e i restanti forse venduti, senza dire nulla, al fratello Guido Mazenta, fratello di Giovanni Ambrogio Mazenta.
«Il restante» scrive ancora Ambrogio, «morendo mio fratello fuori di Milano, pervenne non so come nelle mani del sopranominato Pompeo Arettino ( Pompeo Leoni)».
Pompeo Leoni, detto "Arettino", per certo acquisisce, oltre ai dieci volumi dei Mazenta, anche alcuni che erano posseduti da Orazio Melzi e, probabilmente tra questi manoscritti, anche alcuni ceduti direttamente da Leonardo a Francesco Melzi prima di morire.
Inizia un vero e proprio "rimaneggiamento" dei manoscritti attraverso un "taglia e cuci" che smembra completamente il codice, con l'aggiunta di una nuova numerazione e con l'iserimento delle lettere alfabetiche da I a 46 all'inizio e alla fine di ogni libro, con la decrizione del contenuto di ogni volume e il numero di pagine.
Viene indicato anche di quante pagine è composto ogni volume. Questa nuova catalogazione viene fatta per argomenti e per formati, suddividendo i manoscrittti e disegni in due volumi molto grandi: il primo tratta lo studio dell'anatomia (tavole anatomiche) e la pittura, il secondo tratta esclusivamente i progetti sulla meccanica.
Tutti i manoscritti e disegni vengono incollati all'interno dei due grandi libri oggi chiamati:
- Collezione di Windsor, 600 disegni in gran parte dedicati all'anatomia e alla pittura;
- Codice Atlantico (chiamato atlantico in quanto in questo periodo si usava i formato dei molto grandi per disegnare le carte geografiche ee di navigazione), 1750 fogli di cm 65 x 44;
1608, 10 ottobre
Muore Pompeo Leone a Madrid.
1609
Viene fondata a Milano per volere del cardinale Federico Borromeo la prima Biblioteca Ambrosiana, che per suo volere doveva essere aperta a tutte le genti.
1613, 18 settembre
Uno dei figli di Pompeo, Giovan Battista, subito dopo la morte del padre, prende contatti con Cosimo II° dè Medici, facente parte della potente famiglia fiorentina dei Medici, che vuole fare in modo di vendergli il prezioso "archivio documentale" di Leonardo, archivio che comprende molti disegni e manoscritti vinciani. Proprio lui descrive il materiale in suo possesso parlando di un grande libro che, secondo gli esperti del nostro secolo, si tratta quasi certamente del Codice Atlantico creato dal padre Pompeo Leoni, mettendo insieme molti disegni "tagliati" e "smembrati" da altri libri, libro che cosi descrive:
«Un libro di 400 fogli in circa, e li fogli sono alti più d'un braccio e in ogni foglio sono diversi fogli incollati di macchine d'arte segrete, e d'altre cose di Leonardo detto, cosa che veramente stimo degna di S.A. e la più curiosa che fra le altre vi sia, dice l'Aretino averne trovato mezzo ducato della carta, però cento scudi ci sarebbon ben spesi, se per tal prezzo si potesse havere»
Estratto dalla lettera da Alessandro Beccari a Andrea Cioli
Cosimo II° chiede che gli venga mostrato il libro, molto probabilmente con lui vi è Giovan Francesco Cantagallina, nobile di Borgo Sansepolcro di origini perugine che svolge lavori di pittura e ingegneria presso i dè Medici, nonchè uomo che gode di grande stima da parte di Cosimo II°, che sembrerebbe lo dissuada nel procedere all'acquisto del materiale, consiglio che Cosimo II° abbia accettato di fare.
1622, 28 agosto
Polidoro Calchi, genero di Pompeo Leoni, entra in possesso dei manoscritti che li vende al conte Galeazzo Arconati, nobile milanese e mecenate, cosi come descritto nella "ricevuta" documentale di vendita rilasciata da Francesco Maria Calchi, figlio di Polidoro, per una somma totale di 300 scudi.
1637, 21 gennaio
Vengono donati alla Biblioteca Ambrosiana
da un erede del Leoni al Marchese Galeazzo Arconati, dodici manoscritti autentici di Leonardo.
Estratto dall'atto di donazione
«Il primo è un libro grande, cioè lungo oncie tredici da legname et largo oncie nove e mezza, coperto di corame rosso stampato con duoi fregi d'oro con quattro arme d'aquile, e leoni, e quattro fiorami nelli cartoni tanto da nna parte, quanto dall'altra esteriormente, con lettere d'oro d'ambo le parti, che dicono DISEGNI DI MACHINE ET DELLE ARTI SECRETE, E ALTRE COSE DI LEONARDO DA VINCI, RACCOLTI DA POMPEO LEONI
( leggi fronte di copertina del libro)
nella schiena vi sono sette fiorami d'oro, con quattordeci fregi d'oro, il qual libro è di fogli trecento novantatrè di carta reale per rispetto dello sfogliato, ma vi ne sono altri fogli sei di più dello sfogliato, si che sono fogli in tatto num. 399 nei quali vi sono riposte diverse carte di disegni al num. di mille settecentocinquanta.»
Note aggiuntive: All'interno della Biblioteca venne fatta realizzare una "cassa di misura eguale" in grado di contenere i volumi posta sopra un tavolo con diverse decorazioni. Venne inserito anche uno specchio, utile per leggere la scrittura speculare di Leonardo.
1794 -1795
Attraverso la campagna condotta nei Paesi Bassi, prima di entrare in Italia, Napoleone si appropria di oltre 200 quadri e tele fiamminghe e tra queste:
- 55 di Pieter Paul Rubens;
- 18 di Rembrandt Harmenszoon van Rijn.
1796, maggio
Viene firmato l'armistizio di Cherasco con il re della Sardegna, ma Napoleone non si ferma. Scrive una lettera al suo comando generale di Acqui al plenipotenziario Faypoult, di procurargli un elenco principale di tutte le gallerie e palazzi dell’Italia del Nord e dell'Austria, suoi nuovi obbiettivo militari.
1796, 24 maggio
Il commissario di guerra Peignon si presentò all'Ambrosiana insieme al commissario militare francese Pierre-Jacques Tinet ) con l'elenco degli oggetti di cui doveva impossessarsi, fra cui «le carton des ouvrages de Leonardo d'Avinci (sic)». Che chiede espresamenet venga spedito subito all'Louvre.
1796, 29 maggio
Le casse contenenti gli oggetti d'arte tolti a Milano vengono spedite a Parigi.
1796, 14 agosto
Napoleone informa con una lettera il Direttorio che erano in viaggio verso la Francia 110 opere pittoriche e in particolare:
- 25 da Milano;
- 15 da Parma;
- 30 da Modena;
- 40 da Bologna;
- 11,300 kg d’oro;
- 184 kg d’argento.
Tutto viene registrato e viene data indicazione di portare la cassa n. 19, contenente il Codice Atlantico, alla Bibliothèque Nationale de France. All'Institut de France invece, era prevista la spedizione di una seconda cassa contenente gli altri manoscritti, dodici per l'esattezza.
1796, 25 novembre
Secondo quanto descritto da Giovanni Battista Venturi, lui è entrato personalmente in contatto con "il Codice".
«Essendo l'anno 1796 andato a Parigi in qualità di Segretario di Legazione di S.A. Ser.ma Ercole III duca di Modena, ottenni che mi fossero comunicati i manoscritti di Leonardo e ne ricopiai tutto ciò che mi parve più interessante. Fui io che scrissi sulla copertina di ciascun volume una lettera maiuscola, A, B, C etc. affine di poterli citare con distinzione.»
Giovanni Battista Venturi
1962
La prima opera di restauro, costato 17 milioni di lire italiane di quell'anno, oggi pari a circa 230.000 euro del 2018, viene affidato al Laboratorio di Restauro del Libro Antico dell'Abbazia di Grottaferrata in seguito a un accordo tra Biblioteca Ambrosiana, la Direzione generale delle accademie e biblioteche del Ministero della pubblica istruzione e la Soprintendenza bibliografica della Lombardia.
Vi furono discordanze tra gli Enti preposti al restauro circa la metodologia di catalogazione delle opere e degli scritti, in quanto si voleva procedere con un nuovo "rimaneggio" nell'ordine di catalogazione. Fu deciso invece di mantenere in essere lo stato del Codice, giunto fino a quella data.
Vi fu un grande lavoro di "pulitura" dei fogli che fecero emergere tra le colle, alcuni elementi di disegni nascosti.
All'epoca del restauro vi fu un grande interesse da parte della gente che veniva informata attraverso telegiornali e giornali, delle imponenti misure di sicurezza messe in campo per il trasporto dell'opera presso l'Abbazia.
In quel periodo infatti, le opere di Leonardo furono trasportate con scorta armata della Polizia di Stato e servizio di sicurezza allertato su tutto il tragitto che sarebbe stato percorso dalle Opere. La gente, avvisata dalle radio, si riversava ai bordi delle strade creando dei "cordoni" talmente lunghi di curiosi, che fu dato ordine di allontanamento al fine di evitare rallentamenti nella consegna all'Abbazia. Furono necessari diversi viaggi per completare in sicurezza il trasferimento definitivo delle opere e molti furono i giornalisti, accampati con le proprie troupe che quotidianamente davano la notizia del "nuovo viaggio".
1972
Il restauro comprese l'intervento capillare e meticoloso su 1286 carte contenute nei 401 fogli originari furono suddivise in 1119 nuove carte. Non mancarono le critiche, soprattutto da parte di critici dell'arte e di alcuni restauratori circa il risultato, a loro dire, imperfetto.
Livelli di criticità riscontrati:
- mancato riordino e suddivisione dei fogli;
- alterazione cromatica dovuta allo sbiadimento delle scritture;
- ritocchi nella scrittura rispetto all'edizione pubblicata all'inizio del Novecento, attribuite però dai restauratori a interventi di studiosi in anni precedenti;
- foglio 651, disegno di un profilo di donna non visibile;
- foglio 743, parziale scomparsa dei disegni.
2008
Si decide di sfascicolare i 12 volumi e creare apposite teche in legno con vetro trasparente per alloggiare i singoli fogli al fine di renderli visibili al pubblico, evitando un contatto diretto con i fogli stessi.
1968
Il Codice venne sottoposto a un’imponente opera di restauro presso il monastero di Grottaferrata nel Lazio, durante il quale venne rilegato in dodici massicci volumi. Questa scelta comportò diversi problemi conservativi e di studio in quanto, per poter effettuare analisi comparative dei fogli, era necessario consultare più volumi contemporaneamente oppure dover esaminare più disegni posti in punti diversi dello stesso tomo.
Per l'intervento di restauro vi fu una forte campagna mediatica promossa da telegiornali e testate giornalistiche di tutto il mondo: occorreva organizzare anche una vera e propria "macchina organizzativa" per lo spostamento sino all'Abbazia. Il giorno del primo trasferimento, vi fu una vera e propria onda di persone poste sul ciglio della strada che aspettavano il passaggio dei furgoni blindati che trasportavano i manoscritti. La Prefettura in accordo con la Questura competente, organizzarono un complesso servizio di scorta armata composta da organi della Polizia di Stato e dall'arma dei Carabinieri che avevano il compito di garantire il trasferimento delle opere al massimo della sicurezza. Durante i diversi viaggi, centinaia di troupe internazionali erano posizionate alle adiacenze dell'Abbazia, cosi come nelle strade per filmare l'arrivo del convoglio.
L'abbazia territoriale di Santa Maria di Grottaferrata, Corso del Popolo, 128, Grottaferrata Roma
2008
Il Collegio dei Dottori dell’Ambrosiana presieduto dal Prefetto Monsignor Franco Buzzi in collaborazione con la Fondazione Cardinale Federico Borromeo, nata nel 2008 con lo scopo di formare, promuovere e diffondere espressioni della cultura e dell'arte, avvia un grande e minuzioso lavoro di "ricollocamento" di ogni singolo foglio dei 12 volumi del Codice che consiste nel riposizionare in singole teche create appositamente, chiamate passepartout, tutti i fogli al fine di garantirne la corretta conservazione nonchè rendere facilmente visibile al pubblico le opere e gli scritti di Leonardo.
Nello stesso periodo viene promosso dalla Veneranda Biblioteca e Pinacoteca Ambrosiana, un grande progetto culturale che mira all'esposizione dell’intero corpus della raccolta.
Sede della Veneranda Biblioteca Ambrosiana, Piazza Pio XI, 2 - Milano
2009 - 2015
In occasione dell’EXPO, i fogli vengono esposti a rotazione in mostre tematiche della durata di tre mesi. Per l’evento vengono scelte due sedi d’eccezione:
- La Sacrestia del Bramante;
- La Sala Federiciana della Biblioteca Ambrosiana.
La Sacrestia del Bramante
Fu costruita durante l’ultimo decennio del XV secolo, quando Ludovico il Moro, duca di Milano, decise la ristrutturazione del convento domenicano di Santa Maria delle Grazie, la cui Basilica sarebbe diventata il mausoleo della famiglia Sforza.
Per questi interventi il duca di Milano chiamò a lavorare il Bramante che si occupò di ampliare la Basilica con la costruzione della tribuna e della nuova Sacrestia, e a Leonardo da Vinci commissionò l’Ultima Cena sulla parete nord del refettorio.
Sacrestia del Bramante nel convento di Santa Maria delle Grazie
La Sala Federiciana della Biblioteca Ambrosiana
E' l'antica sala di lettura della Biblioteca costruita agli inizi del Seicento su progetto dell’architetto Lelio Buzzi e poi completata da Fabio Mangone. Nel giro di pochi anni, l’Ambrosiana si impose come un imprescindibile punto di riferimento per gli studiosi di tutta Europa, come testimonia nel 1627 lo scrittore e bibliotecario francese Grabriel Naudé: [cit.]
“Per dire solo della Biblioteca Ambrosiana… le sorpassa tutte in grandezza e magnificenza. Niente è più straordinario [del fatto che] chiunque può entrare in qualunque ora ragionevole, e restarvi il tempo che vuole, consultando le opere di qualunque autore lo interessi.. Senza ulteriori difficoltà, il visitatore può recarsi là durante l’orario normale dei giorni feriali, occupare una delle sedie a disposizione, e chiedere al bibliotecario o a uno dei suoi tre assistenti i libri che intende utilizzare. I bibliotecari sono ben retribuiti e ben trattati, affinché si prendano cura sia di quanto appartiene alla Biblioteca sia di coloro che vi si recano giornalmente a studiare.…..”
fonte: leonardo-ambrosiana.it
Antica sala di lettura - Sala Federiciana della Biblioteca Ambrosiana
Bibliografia:
A. Ratti, Il tavolo e il cofano pel Codice Atlantico alla Biblioteca Ambrosiana, in Raccolta
Vinciana, III, 1906-1907, pp. 111-126.
M. Cadario, "...Ad arricchire la Lombardia con uno de' più preziosi avanzi dell'antichità": il Tiberio colossale del Castellazzo degli Arconati, in Archivio Storico Lombardo, 2007, p. 12.
Leone Leoni tra Lombardia e Spagna, 1995, p. 45.
Atti della Reale Accademia dei Lincei. Rendiconti, 1891, p. 492.
The Life, Correspondence and Collections of Thomas Howard Earl of Arundel, 1921, p. 454.
Giovanni Piumati (a cura di), Il Codice Atlantico di Leonardo da Vinci nella Biblioteca Ambrosiana di Milano, Milano, 1894-1904.
F. Barberi, Il restauro del Codice Atlantico di Leonardo da Vinci, in Accademie e Biblioteche d'Italia, 1982, pp. 98-111.
L. Beltrami, La Biblioteca Ambrosiana. Cenni storici e descrittivi, Milano, [1895].
L. Beltrami, Una corsa attraverso il "Codice Atlantico", in La Lettura, 1904, pp. 485-496.
L. Beltrami, Documenti e memorie riguardanti la vita e le opere di Leonardo da Vinci in ordine cronologico, Milano, 1919.
L. Gramatica, Le memorie su Leonardo da Vinci di don Ambrogio Mazenta, Milano, 1919.
C. Pedretti, Leonardo da Vinci. Codex Atlanticus. A Catalogue of the newly restored sheets, 1978.
C. Pedretti e M. Cianchi, Codice Atlantico, in Leonardo. I codici, Art Dossier, nº 100, aprile 1995, pp. 8-11.
G. Uzielli, Ricerche intorno a Leonardo da Vinci. Serie seconda, Roma, 1884.
L. Gramatica, Le memorie su Leonardo da Vinci di don Ambrogio Mazenta, Milano, 1919.
M. Cadario, "...Ad arricchire la Lombardia con uno de' più preziosi avanzi dell'antichità": il Tiberio colossale del Castellazzo degli Arconati, in Archivio Storico Lombardo, 2007, pp. 11-50.
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