Adorazione dei Magi


SCHEDA TECNICA

  • titolo dell'opera: adorazione dei Magi
  • attribuzione: LDV
  • età di Leonardo: 29-30 anni
  • committente: monaci di San Donato a Scopeto 
  • supporto utilizzato: tavola di legno
  • dimensioni: cm. 246 × 243 
  • tecnica:  olio e tempera grassa 
  • datazione: 1481 - 1482
  • stato di conservazione: perduta
  • interventi di restauro: 2000
  • opera portata a termine: no
  • attualmente si trova: Firenze, Galleria degli Uffizi


 

L'Abbazia fu fondata verso la fine del primo millennio su iniziativa della famiglia feudale dei conti Cadolingi, signori di Borgonuovo (l'odierno Fucecchio),e si trova nei pressi del fiume a circa 7 miglia dal centro di Firenze, ai confini con Lastra a Signa.

1068, 13 febbraio

Nell'epoca romanica i Cadolingi vi chiamarono i monaci Cluniacensi dalla Francia e nell'XI sec. vi fu la presenza dei Vallombrosani di S.Giovanni Gualberto richiesti da Guglielmo detto Bulgaro della famiglia dei Cadolingi, feudatari della zona. Fu proprio sotto l'abbaziato del Gualberto che si svolse la famosa "Prova del Fuoco" di Pietro Igneo , che decretò la sconfitta della simonia e l'affermazione della linea riformista del papato di Gregorio VII, (lldebrando da Soana).

L'Abbazia di S. Salvatore e S. Lorenzo a Settimo


1251

L'antico monastero venne ricostruito in quanto subì devastazioni forse dovute in parte all'incuria e in parte ai saccheggiamenti e in quest'anno iniziano i lavori per una ricostruzione.In quest'anno sembrerebbe fu ridotto a una mera costruzione composta solo dalle mura e dalle fondamenta, risultando mancanti buone parti interne e alcune mura esterne.


1260

In quest'anno la chiesa sembra ricostruita ma viene distaccato il rettore, Pietro Lanfranco, reo di aver ucciso Alberico di Ruggero Orciolini per futili motivi (che non sono stati documentati).

 

1370
Passò ai cistercensi della Badia a Settimo. I Monaci furono molto attivi nella scrittura di testi e trattati, si impegnarono nello studio delle arti e della storia greca, apprezzarono e diffusero l'architettura sino ad essere conosciuti non solo nell'area fiorentina.


1390

Il monastero iniziò ad assumere, per volere dei monaci stessi, nuovi connotati strutturali e vennero erette delle fortificazioni in quanto era posizionato sulla strada  la via Pisana, l'Asse Cadolingio della Francigena e l'Arno, fiume allora navigabile, su cui transitavano i beni necessari per la città.


1419

Nasce la congregazione renana (da Santa Maria in Reno) o degli scopetini (da qui l nome della chiesa di San Donato a Scopeto che, con l'annesso monastero, che fu loro assegnata da papa Martino V). Questa congregazione nacque per volonta del Papa ed era la fusione di due priorati: il priorato bolognese e  il priorato di Sant'Ambrogio di Gubbio.


1420
Papa Martino V Studiò, successivamente, all'Università di Perugia e, conclusi gli studi, divenne protonotario apostolico sotto papa Urbano VI. la concesse ai canonici agostiniani regolari di San Salvatore di Bologna, meglio noti come Canonici regolari di Santa Maria in Reno che erano un'antica congregazione di canonici soggetta alla regola di sant'Agostino . Con gli agostiniani il complesso visse il suo momento di massimo splendore, assicurato da cospicue entrate di denaro (dalla Repubblica fiorentina e da privati, grazie anche al favore del pontefice Eugenio IV) e dal priorato su altre parrocchie nelle vicinanze. 


1481 

i monaci di San Donato a Scopeto  erano presso la chiesa di San Donato in Scopeto faceva parte di un monastero oggi collocato  nella zona di Porta Romana, tra l'attuale via Ugo Foscolo e la collina di Bellosguardo a Firenze .

Vennero chiamati diversi artisti per le decorazioni delle pale d'altare e degli abbellimenti e tra questi, come affermano i documenti, risulta esserci stato Per questo monastero operarono Neri di Bicci, dell'antica famiglia di pittori tra i quali il nonno Lorenzo di Bicci e suo padre Bicci di Lorenzo (attivo nella prima metà del Quattrocento), importanti pittori del gotico toscano.  

Neri di Bicci erta conosciuto come un abile pittore dal carattere atipico, poco avvezzo alla comunicazione, introverso e silenzioso, incapace di promuoversi rispetto ai suoi "colleghi" come Domenico Ghirlandaio o Sandro Botticelli, che avevano un tariffario decisamente più alto del suo anche per il fatto che questi ultimi provenivano dalla nota bottega fiorentina di Andrea Cioni, più conosciuto come il Verrocchio. 

Neri di Bicci non aveva clienti importanti come i Medici o altre famiglie Patrizie dell'epoca, piuttosto eseguiva per pochi danari ritocchi e opere per i suoi clienti più modesti, come piccole chiese e congregazioni sacerdotali che certamente non disponevano di grandi danari in Firenze per cui fra i suoi committenti troviamo spesso parroci, istituti religiosi, ma anche famiglie della nutrita borghesia cittadina. 

In quest'anno l'Adorazione dei magi, viene commissionata a Leonardo da Vinci e gli viene chiesto di concluderla entro 26 mesi, cosa che Leonardo si impegna a fare. 

Leonardo studiò approfonditamente la composizione, lasciando vari disegni preparatori: uno della composizione generale, dove compare anche la capannuccia, conservato nel Cabinet des Dessins del Louvre, uno dello sfondo, al gabinetto dei Disegni e delle Stampe degli Uffizi e vari studi riconducibili alla zuffa di cavalli o alla posizione della Madonna e del Bambino.


1482, agosto

Leonardo si trova a Milano, lasciando l'opera incompiuta. Quindici anni dopo, certi ormai dell'inadempienza di Leonardo, i religiosi si rivolsero a Filippino Lippi per ottenere una pala di analogo soggetto, pure agli Uffizi.

L'Adorazione di Leonardo nel frattempo era rimasta allo stato di abbozzo in casa Amerigo de' Benci, ricco banchiere fiorentino che Leonardo da diverso tempo. Infatti, in una delle diverse frequentazioni  di Leonardo a Palazzo Benci, alcune volte con lo stesso Giuliano e Lorenzo dè Medici, fece il ritratto della giovane figlia sedicenne  conosciuto come il Ritratto di Ginevra de' Benci. La frequentazione di Leonardo è documentata anche da Giorgio Vasari che vide ilo ritratto di Ginevra nella casa e descrive dicendo:  "in casa d'Amerigo Benci dirimpetto alla loggia dei Peruzzi". 


1601

L'Adorazione si trovava nelle raccolte di don Antonio de' Medici, forse uno dei personaggi più discussi all'interno della cerchi della grande famiglia dè Medici, legato alla relazione fra il granduca Francesco I de' Medici e la nobile veneziana Bianca Cappello. 

Antonio de' Medici fu nominato Cavaliere di Malta già nel 1594, e aver subito ottenuto nell'Ordine il priorato di Pisa, venne inviato come ambasciatore granducale a Parigi nel 1597), poi Negli anni immediatamente successivi a Milano e  Bologna.

Lo zio, il Granduca Ferdinando,concesse  trentacinquemila scudi l'anno proprio al nipote Antonio, e questo fu fatto per la rinuncia da parte di Antonio delle proprietà e della rinuncia  al principato di Capestrano, nel Regno di Napoli. 

1^ teoria
Antonio sembra avesse custodito presso la villa di Marignolle dove si presume abbia conservato L'Adorazione dei Magi.

2^ teoria
Antonio trasferì presso il Casino Mediceo di San Marco L'Adorazione dei Magi.

3^ teoria

Il Granduca Ferdinando conservò per lungo tempo L'Adorazione dei Magi presso la propria biblioteca in Firenze.


1681

In questa data andò perduta la cornice cinquecentesca con dorature, probabilmente in occasione dello spostamento della tavola alla villa Medicea di Castello  si trova nella zona collinare di Castello a Firenze, molto vicina all'altra celebre villa medicea de La Petraia, ed è famosa soprattutto per i magnifici giardini.

Si attribuisce la perdita della cornice avvenuta presso la villa Medicea di Castello è spesso frequentata da Cosimo III che la visitò spesso, anche se preferiva soggiornare nella sua attigua Villa della Topaia dove coltivò la preziosa specie botanica del gelsomino indiano detto "mugherino", dono del Re del Portogallo Pietro II del 1688, per la cui coltivazione venne appositamento il tepidario ancora esistente detto "mugherino", nell'Ortaccio

Sembrerebe, ma la notizia non ha trovato riscontro cartaceo o documentale, che proprio  Cosimo III, nei suoi continui trasferimenti di mobilio e suppellettili, nonchè argenti e statue tra una dimora e l'altra, dove si trovarono impegnati molti addetti all'imballaggio e al trasferimento degli oggetti,  ebbe a lamentarsi dello"smarrimento" della cornice  che, da quel momento, non fu più ritrovata. 

Il significato cristiano dell'adorazione dei Magi


Il 6 gennaio è un giorno particolare per tutti i Cristiani: la celebrazione del Bambin Gesù che si palesa.

I Magi, i sacerdoti dello Zoroastrismo,  giunti sul posto seguendo la Stella Cometa, per porgere i loro omaggi al figlio di Dio, portando i loro doni come: 

  • L’oro è per la sua regalità;
  • L'incenso è per la sua divinità;
  • La mirra, resina profumata.

Per la tradizione Cristiana vengono chiamati Gaspare, Melchiorre e Baldassarre. Anche la loro sepoltura è avvolta nel mistero e nella leggenda, perché benché Marco Polo nel suo Il Milione ci raccontasse della loro morte.



La visione di Leonardo da Vinci


Leonardo riuscì a rivoluzionare il tema tradizionale sia nell'iconografia che nell'impostazione compositiva. Innanzitutto, come in altre sue famose opere, decise di centrare l'episodio in un momento ben preciso, ricercandone il più profondo senso religioso, cioè nel momento in cui il Bambino, facendo un gesto di benedizione, rivela la sua natura divina agli astanti quale portatore di Salvezza, secondo il significato originario del termine "epifania"  ("manifestazione").  

Ciò è chiaro nella reazione degli astanti, presi in un vorticoso rutilare di gesti, attitudini ed espressioni di sorpresa e turbamento, al posto della tradizionale compostezza del corteo dove i pittori erano soliti sfoggiare dettagli ricchi ed esotici. L'effetto è quello di uno sconvolgimento interiore di fronte al manifestarsi della divinità.



La storia della Adorazione dei Magi


1481

I monaci di San Donato a Scopeto commissionarono a Leonardo un'Adorazione dei Magi da completare nel giro di due anni. Leonardo studiò approfonditamente la composizione e ilo luogo dove avrebbe dovuto essere esposta.

Iniziò a lavorare sviluppando vari disegni preparatori: uno della composizione generale, dove compare anche la capannuccia, conservato nel Cabinet des Dessins del Louvre, uno dello sfondo, al gabinetto dei Disegni e delle Stampe degli Uffizi e vari studi riconducibili alla zuffa di cavalli o alla posizione della Madonna e del Bambino.


1482

Leonardo, verso il mese di agosto, decide di partire per il ducato di Milano, informando il Priore (ma di questo non esiste documentazione) che si sarebbe trattenuto solo poco tempo per finire alcuni lavori, impegnandosi col priore stesso di ritornare a breve e completare l'opera.

L'Adorazione di Leonardo nel frattempo era rimasta allo stato di abbozzo in casa Amerigo de' Benci, il padre di Ginevra de' Benci della quale Leonardo dipinse un famoso ritratto; qui la vide Vasari. 


1497

Passarono circa 15 anni dall'impegno di Leonardo con il Priore dei monastero che, oramai disilluso da Leonardo circa il termine dei lavori, decise di  rivolgersi a Filippino Lippi per fare  una pala d'altare simile al progetto che aveva visto da Leonardo.


1601 

Si trovava nelle raccolte di don Antonio de' Medici.


1670

Approdò alle Gallerie fiorentine.


1681 

Andò perduta la cornice cinquecentesca con dorature, probabilmente in occasione dello spostamento della tavola alla villa di Castello. 


1794 

Tornò definitivamente al museo.


La composizione di Leonardo



Da un punto di vista compositivo Leonardo fece sue le innovazioni impostate da Sandro Botticelli nell'Adorazione dei Magi di Santa Maria Novella (1475 circa), ponendo la Sacra Famiglia al centro e i Magi alla base di un'ideale piramide che ha come vertice la figura di Maria. La forma pressoché quadrata della tavola gli permise infatti di organizzare la composizione lungo le direttrici diagonali, con il centro nel punto di incontro, dove si trova la testa della Vergine.

Sviluppò inoltre ulteriormente tale novità disponendo il corteo a semicerchio dietro alla Vergine, lasciando uno spazio vuoto, di forma più o meno circolare, nell'ideale centro dello spazio, dove si trova una roccia con un albero. Il leggero moto della Vergine sembra così propagarsi per cerchi concentrici, come un'onda generata dalla rivelazione divina. Il risultato è una scena estremamente moderna e dinamica, dove solo le figure in primo piano sono relativamente statiche, con uno studio intenso dei moti dell'animo e delle manifestazioni "corporee".

Nel complesso, la composizione ricchissima ma unitaria e grandiosa, la varietà delle interazioni tra le figure, la complessità luminosa, l'intensità delle espressioni e dei moti dell'animo, fanno del dipinto di Leonardo un caposaldo artistico, in anticipo di due decenni rispetto alla cultura figurativa vigente, modello per numerosi maestri, come ancora il Raffaello della Trasfigurazione (1518-1520). 


Descrizione generale

Il tema dell'Adorazione dei Magi fu uno dei più frequenti nell'arte fiorentina del XV secolo, poiché permetteva di inserire episodi marginali e personaggi che celebravano il fasto dei committenti; inoltre ogni anno, per l'Epifania, si svolgeva un corteo che rievocava la Cavalcata evangelica nelle strade cittadine.

Leonardo riuscì a rivoluzionare il tema tradizionale sia nell'iconografia che nell'impostazione compositiva. Innanzitutto, come in altre sue famose opere, decise di centrare l'episodio in un momento ben preciso, ricercandone il più profondo senso religioso, cioè nel momento in cui il Bambino, facendo un gesto di benedizione, rivela la sua natura divina agli astanti quale portatore di Salvezza, secondo il significato originario del termine "epifania" ("manifestazione"). 

Ciò è chiaro nella reazione degli astanti, presi in un vorticoso rutilare di gesti, attitudini ed espressioni di sorpresa e turbamento, al posto della tradizionale compostezza del corteo dove i pittori erano soliti sfoggiare dettagli ricchi ed esotici. L'effetto è quello di uno sconvolgimento interiore di fronte al manifestarsi della divinità.

 

La sacra famiglia

Da un punto di vista compositivo Leonardo fece sue le innovazioni impostate da Sandro Botticelli nell'Adorazione dei Magi di Santa Maria Novella (1475 circa), ponendo la Sacra Famiglia al centro e i Magi alla base di un'ideale piramide che ha come vertice la figura di Maria. La forma pressoché quadrata della tavola gli permise infatti di organizzare la composizione lungo le direttrici diagonali, con il centro nel punto di incontro, dove si trova la testa della Vergine.

Maria

La figura di Maria, collocata in posizione leggermente arretrata, accenna un movimento rotatorio, con le gambe orientate a sinistra e il busto, nonché il volto, verso il Bambino a destra collocata in posizione leggermente arretrata, accenna un movimento rotatorio, con le gambe orientate a sinistra e il busto, nonché il volto, verso il Bambino a destra.

Sviluppò inoltre ulteriormente tale novità disponendo il corteo a semicerchio dietro alla Vergine, lasciando uno spazio vuoto, di forma più o meno circolare, nell'ideale centro dello spazio, dove si trova una roccia con un albero. Il leggero moto della Vergine sembra così propagarsi per cerchi concentrici, come un'onda generata dalla rivelazione divina. Il risultato è una scena estremamente moderna e dinamica, dove solo le figure in primo piano sono relativamente statiche, con uno studio intenso dei moti dell'animo e delle manifestazioni "corporee".

Lo sfondo

Lo sfondo è diviso in due parti dai due alberi, il primo un alloro simbolo di trionfo sulla morte (resurrezione) e il secondo una palma, simbolo della passione di Cristo, che dirigono lo sguardo dello spettatore in profondità. 


Albero dell'alloro

L’alloro – Laurus nobilis – o Lauro è una delle piante maggiormente utilizzate nel campo simbolico, nella pittura, nell’arte in genere e nel costume. Questo vegetale dalle foglie lanceolate e dall’intenso profumo emanato quando le foglie stesse vengono spezzate, molto diffuso nel bacino del Mediterraneo, è un sempreverde. E questo suo non piegarsi ai cicli delle stagioni – specie alla morte apparente dell’autunno-inverno – ne caratterizza la natura che fu, dagli antichi, considerata prodigiosa. Poiché non perde le foglie – come sempreverdi sono l’edera e il cipresso, che sono spesso utilizzati nell’arte e nell’arredo urbano, dall’antichità, con funzioni semantiche contigue – esso significa essenzialmente immortalità e poi estende il suo significato a gloria immortale. L’alloro può essere anche utilizzato accanto ad altri simboli, come fosse un aggettivo iconico, sempre per significare eterno, imperituro e immortale. In antico, come testimonia Aulo Gellio (Roma, 125 circa – 180 circa) ne “Le notti attiche”, con le corone di alloro, prima del passaggio all’uso di manufatti d’oro, veniva incoronato il comandante dell’esercito, dopo la vittoria, o l’imperatore. In questi contesti l’alloro significava gloria imperitura.


Albero della palma

La Palma è una delle specie vegetali più antiche al mondo, tanto che molti resti fossili risalgono all’era del Cretaceo e a quella del Giurassico. Definita il “Principe delle Piante” da uno dei suoi primi scopritori, Carl Nilsson Linnaeus, la palma, insieme all’ulivo, costituisce una costante durante il periodo della Settimana Santa, divenendo il simbolo della Domenica che precede la Pasqua. Tuttavia, la palma, sin da epoche antiche, fa parte di quell’universo di simbologie che mette in connessione l’uomo con i misteri della vita. Il suo significato non si ferma all’ambito della religiosità, ma va indietro nel tempo e nello spazio, per dare una spiegazione a quei simboli che, spesso, accettiamo senza conoscere. La sacralità della palma risale a prima dell’avvento del Cristianesimo. Nella mitologia greca la palma è una pianta solare, in quanto essa è sacra ad Apollo: si racconta che Latona, giunta a Delo, partorì il dio della luce appoggiandosi ai tronchi di due palme. Nella mitologica fondazione di Roma, la palma è legata al sogno premonitore di Rea Silva che vide due palme di smisurata grandezza ergersi fino al cielo, presagio della nascita di Romolo e Remo. L’iconografia mitologica raffigura Eros e Antero, suo fratello, mentre si scambiano un ramo di palma, simbolo di amicizia. La dea della vittoria, Nike, è raffigurata con una palma e una corona di alloro, così come la vediamo incisa sulle medaglie olimpiche. Interessante notare come nella cultura greca essa sia accostata alla fenice: in greco phoinix è la traduzione in greco del sostantivo fenicio tamar, cioè palma. Dagli antichi sacerdoti la palma era adorata come manifestazione del divino, in quanto la sua forma richiama i raggi del sole: non a caso nei misteri della dea Iside, il capo dei neofiti veniva circondato da palme bianche, come i raggi scintillanti del sole. La tradizione egizia è ricca di bassorilievi raffiguranti il dio Thot intento a contare gli anni sulle foglie di palma, in quanto a ogni lunazione essa produce una nuova foglia. Hathor, la dea egiziana del cielo, era considerata la “signora della palma da dattero”: in alcune pitture rurali scorgiamo la dea distribuire il cibo dell’immortalità dal centro dell’albero celeste.

 

L'edificio con le scale

E' stato paragonato al presbiterio della chiesa di San Miniato al Monte; su di esso si trovano alcuni arbusti, come si vedono talvolta su alcune costruzioni delle quali la natura ha avuto tutto il tempo di impadronirsi nuovamente. Secondo altri autori, invece, il modello fu la Villa medicea di Poggio a Caiano che allora doveva essere un cantiere in divenire con il solo piano porticato e la doppia scalinata parallela oggi non più esistente.


Qui si trovano alcune architetture in rovina (il Tempio di Gerusalemme), rimando tradizionale al declino dell'Ebraismo e del Paganesimo (quest'ultimo sottolineato pure dalla lotta convulsa dei cavalli in secondo piano, che non ha ancora ricevuto la lieta Novella) da cui si originò la religione cristiana.

 

uomini a destra

A destra si trova una zuffa di armati, uomini disarcionati e cavalli che s'impennano, come simbolo della follia degli uomini che non hanno ancora ricevuto il messaggio cristiano[7], e un abbozzo di rocce svettanti tipiche del paesaggio leonardesco[8].


Nel complesso, la composizione ricchissima ma unitaria e grandiosa, la varietà delle interazioni tra le figure, la complessità luminosa, l'intensità delle espressioni e dei moti dell'animo, fanno del dipinto di Leonardo un caposaldo artistico, in anticipo di due decenni rispetto alla cultura figurativa vigente, modello per numerosi maestri, come ancora il Raffaello della Trasfigurazione (1518-1520).


Il fanciullo

Secondo alcuni esperti inoltre, il fanciullo all'estrema destra del quadro, che guarda verso l'esterno, potrebbe essere un autoritratto giovanile di Leonardo; più probabilmente è da mettere in relazione con l'uomo che medita sul lato opposto, come invito a riflettere sul mistero dell'Incarnazione.

Il restauro dell'opera


2011-2017

La Pala è stata restaurata quando è tornata nuovamente visibile.  Il restauro viene affidato al maggior istituto mondiale di restauro: l'Opificio delle pietre dure di Firenze. Con un programma di lavori assolutamente ambizioso, si interviene sulla parti  danneggiate utilizzando le migliori tecniche all'avanguardia in ambito di processi ricostruttivi, con il supporto e la conoscenza tecnica dei maggiori esperti del settore che intervengono per ilo recupero totale delle singole  tonalità cromatiche inaspettate e la sua piena leggibilità, ricchissima di dettagli affascinanti che aprono nuove prospettive sul suo complesso significato iconografico.

Momenti del restauro presso l'Opificio delle Pietre Dure di Firenze



Adorazione dei Magi  - prima del restauro

Adorazione dei Magi - dopo il restauro

Esposizione dell'opera dopo il restauro

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